Intervista su Agenzia Stampa Italia

22 10 2010

di Fabrizio di Ernesto

In Italia si usa etichettare i giovani come bamboccioni a causa delle difficoltà che incontrano nel trovare un lavoro ed aprirsi una propria strada nella società. Non rientra però in questa definizione il giovane saggista, 25 anni da compiere a dicembre, Jacopo Barbarito che, a dispetto della giovane età non solo ha già portato a termine gli studi universitari ma ha anche già dato alle stampe ben tre libri.

Lei, a meno di 25 anni, ha già pubblicato tre saggi, di cui due di carattere storico. A che età ha iniziato a studiare questa materia?

 Ho iniziato ad interessarmi di storia dall’età del liceo, approfondendo la materia parallelamente al proseguimento del mio percorso di studi che, dopo la maturità classica, è continuato con l’iscrizione alla facoltà di lettere, all’indirizzo di storia contemporanea.

 Il suo ultimo libro analizza la relazione tra RSI e Chiesa. Da dove nasce l’idea di interessarsi a questa tematica?

 L’idea nasce principalmente dalla volontà di scavare per colmare un “vuoto” nella ricerca storica del periodo della seconda guerra mondiale, per quel che riguarda il nostro Paese. La necessità di una continua ricerca storica comporta, d’altronde, l’approfondimento di tematiche finora inedite, che risultano tuttavia fondamentali per arrivare ad un quadro completo della realtà di un periodo storico particolare, su cui c’è ancora molto da dire e documentare.

 In precedenza aveva raccolto in un libro tutta una serie di interviste che aveva realizzato con esponenti della politica italiana. Oggi lei vive in stretto contatto con quel mondo. Cosa ne pensa dell’antipolitica e della distanza sempre crescente tra eletti ed elettori?

 Credo che il tema dell’antipolitica sia stato usato e abusato, tanto da essere ormai stracotto. È facile parlare alla pancia delle persone, sfruttare la poca conoscenza della media della popolazione per certi meccanismi, svilire concetti e dinamiche la cui frettolosa semplificazione rischia di far perdere la cognizione della stessa complessità dei problemi. Purtroppo i toni e i linguaggi da “bar” hanno contribuito ad allontanare gli elettori dagli eletti che, nello stesso tempo, sfruttano a loro volta la semplificazione del dibattito politico per scopi personali o elettorali, ma anche come autodifesa: un corpo elettorale “ignorante” non possiede in tal modo l’arma della conoscenza per comprendere il sistema e avere gli strumenti per sapercisi rapportare. Leggi il seguito di questo post »